A nord della chiesa parrocchiale si trova il complesso edilizio chiamato " Palazzo Federici", difficilmente databile in modo preciso sia per i diversi rifacimenti subiti nel corso dei secoli, sia per la esiguità dei tratti murari e degli elementi decorativi originari pervenutici. Attraverso l' analisi stratigrafica sono state individuate tre fasi di sviluppo e di edificazione del complesso che doveva occupare lo spazio di un intero isolato. Al suo interno, oltre alle stanze private del signore e a quelle in cui egli esercitava le pubbliche mansioni, doveva esservi anche la chiesetta privata che i documenti attestano dedicata a S. Leonardo ( 1 ).

 

 

Per quanto riguarda la fase medioevale è stata verificata la presenza dei resti di almeno tre strutture risalenti alla seconda metà del XIV secolo :
a) la torre al centro dell' isolato;
b) un ampio edificio rettangolare;
c) il portale con la muratura ad esso collegata;

Quindi verso la fine del XIV secolo e la prima metà del XV secolo le abitazioni fortificate dei Federici erano costituite da un palazzo rettangolare, affiancato a nord da una robusta torre, il tutto all' interno di un recinto murario di grosso spessore. Questa fase è, probabilmente, legata alla figura di Giovanni Federici (1340 ca - 1416), uno dei membri più importanti della famiglia che nel 1410 fu infeudato della contea di Edolo-Dalegno e trasferì la sua residenza a Vezza disponendo l' edificazione del palazzo.

 
  Il complesso dovette sicuramente subire una serie di smantellamenti già verso la metà del XV secolo, quando la Repubblica Veneta, preso possesso della Valle, si affrettò a demolire e smilitarizzare le opere fortificate dei feudatari locali. Quindi, tra i secoli XVI e XVII, viene data al complesso una nuova configurazione: decade completamente l' aspetto di fortilizio a favore di quello abitativo e la famiglia Federici si adegua alle nuove funzioni sociali e di rappresentanza. Sul lato est vengono aggiunti nuovi corpi edilizi che utilizzano come accesso l' antico portale: questi sono organizzati attorno ad un piccolo cortile interno quadrato ( d ) su cui si affacciano portici e loggette ( f ). L' antico palazzo rettangolare è ampliato anche sul lato sud : i nuovi edifici sono ampi con porticati loggiati e ampie volte decorati secondo un gusto rinascimentale ( e ). È noto il contributo che diede Pompeo Federici (morto nel 1578) alla facciata meridionale del palazzo mediante la realizzazione del portale in arenaria rossa su cui ancora oggi sono visibili lo stemma dei Federici e la data 1543 ( k ).
 
  Ad un certo momento tutto il complesso, ed in particolare la zona a nord, subiscono forti danni a causa di un incendio, i cui segni ( crolli, cipollature delle pietre, muri anneriti ) sono ben visibili in quasi tutti i corpi dell' isolato. La terza fase ( XVIII secolo ) vede il progressivo declino politico ed economico della famiglia Federici: è in questo periodo che il palazzo è interessato da un lento processo di alienazione di porzioni edilizie sempre più consistenti. Uno degli edifici quasi completamente distrutti dall' incendio (g) viene ricostruito e decisamente ampliato nel 1717 ( i ). Il suo aspetto fa supporre che dovesse comprendere le attività di una famiglia dedita sia al commercio che all' agricoltura. Questo risulta completamente separato dall' antico complesso e potrebbe essere indice di un primo frazionamento fra diversi proprietari. Vengono anche costruiti due nuovi edifici : uno ( l ) addossato alla parete nord dell' antico palazzo medioevale ( b ) che venne adibito ad usi agricoli ed un altro ( m ) sul fronte sud-ovest usato come palazzo signorile. Sul lato sud , invece, vengono demoliti e rettificati corpi di fabbrica rinascimentale per dare più spazio alla vicina chiesa ( j ).
   
 

Siamo ormai nella fase discendente : la proprietà è sempre più fortemente frazionata, la famiglia Federici si estingue, gli interventi edilizi sono di portata limitata realizzati con materiali e tecniche molto povere. Gli unici lavori di una certa consistenza sono: l' abbattimento della parte superiore della torre medioevale per recuperare materiale edilizio per la costruzione del campanile della vicina Chiesa Parrocchiale e la saturazione del cortile rinascimentale ( n ) che oggi risulta occupato da due locali sovrapposti.

L' intero complesso si trova oggi in una situazione di abbandono e di estremo degrado e non è pertanto visitabile.

 

SAN LEONARDO ( 1 )

Attualmente non ne rimane alcuna traccia, ma con ogni probabilità si trovava all' interno del complesso abitativo della famiglia Federici. Era quindi una cappellania gentilizia di giuspatronato dei Federici, in seguito passata alla famiglia Recaldini ( 1672 ). L' ultima menzione a riguardo risale al 1716, dopo tale data non se ne sa più nulla.

 

BATTAGLIA DI VEZZA D'OGLIO DEL 4 LUGLIO 1866

La battaglia di Vezza d'Oglio ha luogo il 4 luglio 1866 durante la Terza Guerra d'Indipendenza fra reparti dell'esercito austriaco, discesi dal Passo del Tonale, e reparti del Corpo Volontari Italiani al comando di Giuseppe Garibaldi.All'inizio della guerra fra Italia, in alleanza con la Prussia, ed Austria, il 23 giugno 1866 l'esercito italiano è schierato al confine su due armate: l'Armata del Mincio, al comando del generale Alfonso Lamarmora, e l'Armata del Po, al comando del generale Enrico Cialdini, però troppo distanti fra loro per potersi sostenere reciprocamente.

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La battaglia di Vezza d'Oglio ha luogo il 4 luglio 1866 durante la Terza Guerra d'Indipendenza fra reparti dell'esercito austriaco, discesi dal Passo del Tonale, e reparti del Corpo Volontari Italiani al comando di Giuseppe Garibaldi.

  • All'inizio della guerra fra Italia, in alleanza con la Prussia, ed Austria, il 23 giugno 1866 l'esercito italiano è schierato al confine su due armate: l'Armata del Mincio, al comando del generale Alfonso Lamarmora, e l'Armata del Po, al comando del generale Enrico Cialdini, però troppo distanti fra loro per potersi sostenere reciprocamente.

    Anche per questo motivo, nonchè per la rivalità fra i due generali, l'esercito italiano è sconfitto a Custoza il 23 giugno mentre anche la flotta, al comando dell'ammiraglio Carlo Pellion di Persano, è battuta a Lissa il 20 luglio con la perdita delle corazzate "Re d'Italia" e "Palestro".

    Per quanto riguarda il confine alpino fra Lombardia e Trentino, ancora appartenente all'Austria, la sua difesa è affidata al Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi, che ha il compito di presidiare le principali vie di comunicazione, fra cui le Valli Giudicarie.

    Qui si trova il grosso dei volontari al comando diretto di Garibaldi che, nel tentativo di raggiungere Trento, coglie l'unica vittoria italiana della guerra a Bezzecca il 21 luglio.

    Per quanto riguarda la Valle Camonica, è per l'Austria un accesso naturale verso l'Italia attraverso il Passo del Tonale ma si temono penetrazioni austriache anche attraverso la Valtellina, la Valsaviore ed il Passo di Crocedomini. Per questo sono stati creati punti di difesa a Breno, Cedegolo ed oltre Edolo 

    La difesa della valle, già allarmata dalla discesa di truppe da montagna austriache al comando del maggiore Ulysses Von Albertini, è affidata al 4° Reggimento Volontari del tenente colonnello Giovanni Cadolini.

  • Questi invia da Bergamo il suo 1° Battaglione Volontari, al comando del maggiore Vincenzo Caldesi, che si riunisce in valle al 44° Battaglione della Guardia Nazionale, nonchè a qualche decina di Carabinieri e Finanzieri. 

    Caldesi prende posizione a Incudine, dove si trincera e posiziona due cannoni da montagna, ed  invia come avanguardia a Vezza d'Oglio una compagnia e mezza del 1° Battaglione Volontari sotto la guida del capitano Antonio Malagrida.

    Il 2 luglio Caldesi riceve, direttamente da Cadolini, l'ordine di perfezionare le opere di fortificazione. In caso di attacco austriaco l'avanguardia vi sarebbe dovuta ripiegare da Vezza d'Oglio.

    Negli stessi giorni, a seguito di informazioni pervenute sul numero dei soldati austriaci al Tonale, parzialmente infondate, Garibaldi dispone l'invio in Valle Camonica da Lonato anche del 2° Battaglione Bersaglieri Volontari al comando del maggiore Nicostrato Castellini, il quale raggiunge all'alba del 3 luglio le truppe di Caldesi.

    Quest'ultimo battaglione è costituito in gran parte da volontari appartenenti ad una società di tiro a segno di Milano, i "Carabinieri Milanesi", e quindi in qualità di esperti tiratori arruolati con il titolo di Bersaglieri.

    Castellini, che si dovrebbe mettere agli ordini del più anziano Caldesi, dispone il suo comando a Davena e schiera le sue quattro compagnie fra Grano e la riva destra del fiume Oglio.

    Pertanto il 3 luglio le forze italiane sono così disposte: il 1° Battaglione Volontari davanti ad Incudine, ad eccezione della Compagnia a Vezza d'Oglio e della mezza Compagnia a Grano; il 2° Battaglione Bersaglieri Volontari fra Davena e Vezza d'Oglio; due compagnie del 44° Battaglione della Guardia Nazionale con due cannoni al ponte del Salto del Lupo.

    In tutto circa 1200 uomini.

  • Nello stesso tempo le truppe austriache, circa 1000 uomini al comando di Von Albertini, sono fra Ponte di Legno e Stadolina.

    La sera dello stesso giorno Castellini incontra Caldesi a Incudine. Non è chiaro se quest'ultimo, che versa in cattive condizioni di salute, faccia però cenno dell'ordine di Cadolini di ripiegare in caso di attacco nemico.

    Castellini ne trae la conclusione di dover invece resistere sulle posizioni precedentemente occupate di Vezza d'Oglio e di Grano.

    Nella notte fra il 3 ed il 4 luglio gli austriaci si mettono in movimento verso Vezza su quattro colonne: la prima sulla strada di San Clemente, la seconda sulla strada di Carona, la terza sulla strada di San Sebastiano e la quarta sulla riva sinistra dell'Oglio.

    Avvistate le truppe nemiche, il capitano Malagrida ordina, secondo gli ordini ricevuti da Caldesi, la ritirata su Incudine della compagnia e mezza schierate a Vezza ed a Grano.

    Ciò non impedisce agli austriaci di sorprendere e fare prigionieri alcuni volontari che si erano attardati nei pressi del cimitero.

    Nel ripiegamento Malagrida incontra una pattuglia di Bersaglieri in avanscoperta al comando del capitano Giulio Adamoli, che lo conduce a Davena da Castellini ed al quale riferisce di aver obbedito all'ordine di ripiegamento di Caldesi.

    Convinto che si tratti di un malinteso, Castellini persuade Malagrida a tornare sui suoi passi e lancia  al contrattacco anche l'intero 2° Battaglione Bersaglieri Volontari per rioccupare le posizioni abbandonate.

    Nel frattempo però gli austriaci hanno interamente occupato Vezza, piazzando quattro cannoni sul Castello e trincerandosi dentro le case e dietro i muri degli orti.

    Gli italiani avanzano su tre fronti: a monte verso Grano, a sua volta ormai occupato dagli austriaci, al centro verso Vezza ed a valle sulla riva destra dell'Oglio.

    Giunti in prossimità delle prime case sono accolti da nutrite scariche di fucileria dal nemico bene appostato.

    Il primo ufficiale a cadere è il sottotenente Achille Prada dei Volontari mentre accanto a lui è ferito, senza gravi conseguenze, il capitano Giulio Adamoli dei Bersaglieri.

    Esaurite le munizioni, quest'ultimo ordina l'assalto alla baionetta ma l'intenso fuoco nemico rende impossibile l'avanzata e gli italiani sono costretti a retrocedere con gravi perdite.

    Nel frattempo, nel tentativo audace di prendere i cannoni austriaci sul Castello, lo stesso maggiore Castellini si mette alla testa dei suoi Bersaglieri ma, colpito più volte, cade ferito mortalmente presso la Santella di San Carlo.

    Alcuni volontari lo trasportano a braccia fino ad Incudine ma inutilmente.

    Nonostante questo l'attacco italiano prosegue sotto la guida del capitano Antonio Oliva, che, in quanto ufficiale più anziano sostituisce Castellini al comando dei Bersaglieri.

    In uno degli ultimi attacchi cade anche il capitano Antonio Frigerio, comandante della Terza Compagnia dei Bersaglieri, ferito e poi morto per dissanguamento durante il trasporto a valle.

    Verso le ore otto del mattino però gli austriaci iniziano ad avanzare anche sulla riva sinistra dell'Oglio, dove non trovano alcuna resistenza, e quindi minacciano di accerchiamento l'intero schieramento italiano.

    Pertanto, vista l'inutilità dei tentativi di riconquistare Vezza ed il pericolo incombente sull'ala destra, viene impartito l'ordine di ritirata su Incudine, che i volontari italiani compiono ordinatamente con gran parte dei feriti al seguito.

    Il combattimento è terminato. Il bilancio parla di 20 morti italiani, 15 Bersaglieri, fra cui il comandante Nicostrato Castellini ed il capitano Antonio Frigerio, e 5 Volontari Garibaldini, fra cui il sottotenente Achille Prada. I morti austriaci sono invece 5.

    I feriti italiani sono 70, 17 quelli austriaci.

    Inoltre in mano austriaca restano 17 prigionieri, in gran parte feriti.

    Malgrado l'insuccesso, Bersaglieri e Volontari si sono battuti bene e con coraggio, meritando l'elogio degli stessi avversari.

    Al combattimento non prende invece parte il resto del 1° Battaglione Volontari, al comando di Caldesi, trincerato davanti ad Incudine secondo gli ordini ricevuti dal comandante del Reggimento, Cadolini.

    Su ordine dello stesso Caldesi sono però sparati alcuni colpi di artiglieria da parte dei due cannoni schierati al Salto del Lupo, ma con scarsa efficacia.

    Al termine della giornata del 4 luglio gli austriaci si spingono sino a Davena, sgomberata dagli italiani, ma poi si ritirano a Vezza e quindi al Passo del Tonale, portandosi appresso i loro caduti ed i prigionieri italiani in grado di muoversi.

    I feriti italiani più gravi sono invece ricoverati nella Chiesa parrocchiale, curati dapprima dagli stessi austriaci e quindi lasciati alle cure della popolazione locale.

    Si distinguono in questo il Sindaco Martino Pasolini, il medico condotto Antonio Bertoletti, il veterinario condotto Lorenzo Tedeschi,  la Giunta Comunale, il clero.

    Degna di particolare menzione l'opera prestata dalla signora Caterina Boniotti Ventura, come testimonia la sciarpa tricolore successivamente donatale dai reduci tridentini.

    Per quanto riguarda i caduti italiani, sono sepolti con gli onori militari dagli austriaci nel Cimitero di Vezza, dove in parte ancora riposano nell'Ossario eretto nell'anno 1895.

    Il 5 luglio i Volontari italiani, al comando diretto del tenente colonnello Cadolini, rioccupano Vezza d'Oglio e trasferiscono a Edolo i feriti e la salma del capitano Frigerio.

    Il 15 luglio però tutte le unità dei Volontari si ritirano dall'Alta Valle Camonica, lasciando in loco solo la Guardia Nazionale e pochi Finanzieri e Carabinieri.

    Questo consente agli austriaci di scendere nuovamente in valle sino a Edolo il 20 luglio e di nuovo sino a Vezza il 23 luglio, dove hanno luogo numerose requisizioni di beni, per poi ripiegare definitivamente oltre il Tonale.

    E' opportuno sottolineare la grande prova di solidarietà della popolazione di Vezza d'Oglio nei confronti dei feriti e degli altri volontari italiani nonostante i gravi danni subiti per mano austriaca a seguito della requisizione di beni, mezzi di trasporto, bestiame e la perdita del raccolto.

    La guerra termina il 12 agosto 1866 con la sconfitta dell'Austria, principalmente a seguito della battaglia di Sadowa persa contro l'esercito prussiano.

    I soldati italiani fatti prigionieri a Vezza, trasferiti a Vienna e poi in Croazia, saranno rimpatriati a Udine a guerra finita.

  • 28 luglio 1873

    Inaugurazione del Monumento ai Caduti del 4 luglio 1866 alla presenza dei Reduci, delle Autorità cittadine e di una rappresentanza militare del Corpo degli Alpini, di recentissima costituzione.

    Il monumento sorge nella omonima piazza ed è stato realizzato a spese dei Reduci e dell'Amministrazione comunale di Vezza d'Oglio

    12 luglio 1891

    Celebrazione del Venticinquesimo Anniversario della battaglia con la posa di una corona bronzea sul Monumento ai Caduti

    7 luglio 1895

    Inaugurazione dell'Ossario ai Caduti della battaglia, eretto al centro del Cimitero di Vezza, e posa di due lapidi con il nome dei Caduti sul Monumento di Piazza 4 Luglio 1866

    4 luglio 1906

    Celebrazione del Quarantesimo Anniversario della battaglia

    Luglio 1931

    Pellegrinaggio degli ultimi Reduci e solenne Commemorazione della battaglia

    10 luglio 1966

    Celebrazione del Primo Centenario della battaglia alla presenza del Ministro della Difesa e del Vescovo della Diocesi di Brescia.

    9 luglio 1995

    Celebrazione del Primo Centenario della posa dell'Ossario.